By Marco Grispigni
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La produzione di discorsi intorno ai giovani risultò impressionante per quasi tutto il 1959. Episodi minimi e trascurabili assumevano una rilevanza spropositata, in un classico caso del ruolo di agenda setting esercitato dai media rispetto a un problema: la categoria del «teppismo» veniva utilizzata mescolando situazioni profondamente differenti. In alcuni casi l’ossessione con duceva a risultati che, se ai nostri occhi appaiono comici, in realtà svelano alcune costanti nel processo di demoniz zazione e banalizzazione del fenomeno, come in questo articolo pubblicato sul «Corriere della Sera».
IL «CORRIERE DELLA SERA» E I GIOVANI RIBELLI Se una delle caratteristiche più rilevanti dei movimenti degli anni ’60 e ’70 fu quella di interessare numerosi pae si, oltrepassando distinzioni geopolitiche e tradizioni cul turali, in Italia la presenza dei movimenti fu particolar mente significativa e prolungata: oltre un quindicennio di storia nazionale vide movimenti sociali occupare la scena. A partire dall’inizio degli anni ’60, fino alla fine dei ’70 dapprima i giovani, poi gli studenti, gli operai, le donne, i disoccupati, i senza casa, i medici e gli psichiatri, gli agen ti di custodia e i magistrati, i poliziotti, i preti e gli ospe dalieri, gli omosessuali e gli obiettori di coscienza si die dero una sorta di staffetta, mantenendo continuamente ‘accesa’ la temperatura del conflitto sociale.
Possedeva più vitalità di quanta ne occor resse momentaneamente alla rivoluzione. Aveva più indipendenza di quanta può occorrere a una teoria che cerca di adattarsi alla vita. In fondo era un europeo, un ‘individualista’, come dicono le per sone colte. Aveva bisogno, per godere a pieno, di situazioni più complicate. Aveva bisogno dell’atmosfera di intricate menzogne, di falsi ideali, di salute apparente, di marcio persistente, di fanta smi imbellettati, dell’atmosfera dei cimiteri che hanno l’aspetto di sale da ballo o di fabbriche o di castelli o di scuole o di salotti.